PERCHE' SI CHIAMA FEMMINICIDIO - tratto da articolo di Barbara Spinelli
Il termine “femicide” (in italiano “femmicidio” o “femicidio”) nacque per indicare gli omicidi della donna “in quanto donna”, ovvero gli omicidi basati sul genere, ovvero la maggior parte degli omicidi di donne e bambine. Non stiamo parlando soltanto degli omicidi di donne commessi da parte di partner o ex partner, stiamo parlando anche delle ragazze uccise dai padri perché rifiutano il matrimonio che viene loro imposto o il controllo ossessivo sulle loro vite, sulle loro scelte sessuali, e stiamo parlando pure delle donne uccise dall’AIDS, contratto dai partner sieropositivi che per anni hanno intrattenuto con loro rapporti non protetti tacendo la propria sieropositività, delle prostitute contagiate di AIDS o ammazzate dai clienti, delle giovani uccise perché lesbiche…Se vogliamo tornare indietro nel tempo, stiamo parlando anche di tutte le donne accusate di stregoneria e bruciate sul rogo.
Che cosa accomuna tutte queste donne? Secondo la criminologa statunitense Diana Russell , il fatto di essere state uccise “in quanto donne”. La loro colpa è stata quella di aver trasgredito al ruolo ideale di donna imposto dalla tradizione (la donna obbediente, brava madre e moglie, la “Madonna”, o la donna sessualmente disponibile, “Eva” la tentatrice), di essersi prese la libertà di decidere cosa fare delle proprie vite, di essersi sottratte al potere e al controllo del proprio padre, partner, compagno, amante ….Per la loro autodeterminazione, sono state punite con la morte.
Chi ha deciso la loro condanna a morte? Certo il singolo uomo che si è incaricato di punirle o controllarle e possederle nel solo modo che gli era possibile, uccidendole, ma anche la società non è esente da colpe. Diana Russell sostiene che “tutte le società patriarcali hanno usato –e continuano a usare- il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne”.
Marcela Lagarde , antropologa messicana, considerata la teorica del femminicidio, sostiene che “La cultura in mille modi rafforza la concezione per cui la violenza maschile sulle donne è un qualcosa di naturale, attraverso una proiezione permanente di immagini, dossier, spiegazioni che legittimano la violenza, siamo davanti a una violenza illegale ma legittima, questo è uno dei punti chiave del femminicidio”.
Il femminicidio secondo Marcela Lagarde è un problema strutturale, che va aldilà degli omicidi delle donne, riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche nella loro dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica. Pensiamo a quelle donne che subiscono per anni molestie sessuali sul lavoro, o violenza psicologica dal proprio compagno, e alla difficoltà, una volta trovata la forza di uscire da quelle situazioni, di ricostruirsi una vita, di riappropriarsi di sé.
Femminicidio è «La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine -maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale- che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia».
Questo neologismo è salito alla ribalta delle cronache internazionali grazie al film Bordertown, in cui si racconta dei fatti di Ciudad Juarez, città al confine tra Messico e Stati Uniti, dove dal 1992 più di 4.500 giovani donne sono scomparse e più di 650 stuprate, torturate e poi uccise ed abbandonate ai margini del deserto, il tutto nel disinteresse delle Istituzioni, con complicità tra politica e forze dell’ordine corrotte e criminalità organizzata, ed attraverso la possibilità di insabbiamento delle indagini esacerbata dalla cultura machista dominante e da leggi che, ad esempio, non prevedevano lo stupro coniugale come reato e prevedevano la non punibilità nei confronti dello stupratore che avesse sposato la donna violata.
I numeri del femminicidio in Italia? Se nel 2006 su 181 omicidi di donne 101 erano femmicidi, nel 2010 su 151 omicidi di donne 127 erano femmicidi.
Un dato ci pone in classifica dietro al Messico: se là il 60% delle vittime di femminicidio aveva già denunciato episodi di violenza o di maltrattamento, qui invece una ricerca condotta da Baldry ha evidenziato che più del 70% delle vittime di femminicidio era già nota per avere contattato le forze dell’ordine, ovvero per aver denunciato, o per aver esposto la propria situazione ai servizi sociali.
Un dato che ci accomuna agli altri Paesi europei: le ricerche criminologiche dimostrano che su 10 femmicidi, 7/8 sono in media preceduta da altre forme di violenza nelle relazioni di intimità.
L’uccisione della donna non è che l’atto ultimo di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico o fisico.
E oltre alle uccisioni di donne dobbiamo tenere in considerazioni il numero di suicidi da parte di donne vittime di violenza domestica: uno studio europeo del 2006 indicava una media 7 femminicidi conseguenza di pregressa violenza domestica al giorno nei 27 Stati europei.
Secondo questa ricerca, nel 2006 in Europa 3413 persone sono morte in conseguenza della violenza domestica subita: di questi, 1409 erano donne uccise dai partner o ex partner violenti (femminicidi), 1010 erano le donne che avevano scelto il suicidio a seguito della violenza domestica subita, 272 le donne che avevano ucciso i mariti violenti, 186 gli omicidi collaterali (padre che uccide i figli e la moglie, oppure persone accorse in soccorso e uccise per errore), 536 gli uomini che dopo aver ucciso la donna su cui avevano esercitato violenza si erano uccisi.
Un quadro devastante
http://27esimaora.corriere.it/articolo/perche-si-chiama-femminicidio-2/