IL SEPARATO MANTIENE IL TENORE DI VITA : RESPINTO IL RICORSO DI BERLUSCONI
Il coniuge separato ha diritto di mantenere lo tenore di vita goduto durante il matrimonio. E, se non ha i redditi adeguati per farlo, ci deve pensare l’ex più ricco, in nome dell’uguaglianza morale e giuridica che regola i rapporti tra due persone sposate. Con la separazione, infatti, diversamente che nel divorzio, il vincolo coniugale conserva la sua efficacia. La Cassazione (sentenza n. 12196) respinge il ricorso dell’ex premier Silvio Berlusconi che chiedeva di “tagliare” il maxi assegno di separazione – due milioni di euro al mese – riconosciuto dalla Corte d’Appello a Veronica Lario.
Decisivi per il verdetto: la sproporzione dei redditi tra i due, l’ «ultracapienza» economica di lui e il tenore di vita eccezionalmente elevato dell’ex “premier dame”. Lo stesso Berlusconi aveva ammesso di aver garantito alla moglie un tenore di vita del tutto al di fuori della norma, mettendole a disposizione nella villa di Macherio, adibita a casa coniugale, un maggiordomo, una segretaria personale, cuochi, autisti, cameriere e guardarobiere, oltre a 50 mila euro al mese, solo come argent de poche. Una vita dorata che la signora Lario, benché facoltosa immobiliarista, non si poteva permettere dopo la separazione. Da qui il diritto all’assegno mensile a 6 zeri. La Cassazione applica un principio consolidato a una vicenda «che per l’eccezionale rilevanza della consistenza patrimoniale e reddituale dell’obbligato, non trova alcun riscontro, quanto meno sotto il profilo quantitativo, nelle controversie in materia di separazione personale dei coniugi che emergono dalla quotidiana esperienza giurisprudenziale».
La decisione arriva a pochi giorni dalla sentenza 11504 (si veda il Sole 24 Ore dell’11 maggio) con la quale ha archiviato il criterio del tenore di vita nell’assegno di divorzio. Una sentenza storica che i giudici citano per sottolineare le differenze tra le due situazioni. Il divorzio mette la parola fine alla coppia e lascia in vita solo il dovere di solidarietà economica nei confronti dell’ex coniuge non autosufficiente, mentre la separazione “congela” il vincolo matrimoniale che continua a produrre effetti. I legali di Berlusconi avevano invitato i giudici a una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 156 del Codice civile, che regola il mantenimento per il coniuge al quale non sia addebitabile la separazione. Per la difesa l’assegno di mantenimento oltre una soglia determinata sarebbe in contrasto con la Carta, che assegna una posizione preminente alla dignità del lavoro, inconciliabile con l’acquisizione di posizioni economiche immeritate. La conseguenza patrimoniale dell’“ultrattività” del matrimonio non si dovrebbe tradurre in contribuzioni a carico dell’onerato del tutto scollate dall’attività svolta dall’altro coniuge.
I giudici ci tengono però a precisare che la giurisprudenza non ha mai promosso l’inerzia del beneficiario. Anche nella determinazione dell’assegno per Veronica Lario si è tenuto conto dell’attitudine del coniuge al lavoro. Tuttavia, proprio la Consulta ha affermato la rilevanza del principio di uguaglianza morale e giuridica tra coniugi, in riferimento al tenore di vita che va garantito al coniuge separato. Niente riduzione dell’assegno neppure in considerazione del peggioramento delle condizioni economiche del ricorrente, perché neppure la crisi ha reso meno evidente la disparità dei redditi.