Blue Whale e l’effetto farfalla

Blue Whale e l’effetto farfalla

Puoi fare finta che non esista, operare un rigoroso fact checking o consigliare, senza sapere nulla di preciso, come e chi chiamare in caso di aiuto. Qualunque scelta tu possa compiere, sia che tu sia un blogger, un giornalista o un genitore sappi che non è priva di conseguenza e non è detto che sia giusta. La lezione di Blue Whale è anche questa. Se si gioca con regole nuove, servono strumenti nuovi.

Partiamo dalla definizione: cosa è Blue Whale? A tutti gli effetti è un fenomeno da social network. Di preciso non si sa nulla come spesso accade quando ci si muove in questo campo. Sappiamo che viene descritto come una sorta di rituale che ha lo scopo di condurre qualcuno, spesso un ragazzo, più debole o depresso verso il suicidio. Un gioco online a cui si decide di partecipare volontariamente postando un messaggio. Una volta contattati veniamo sottoposti a un elenco di prove ben precise. Il rito prevede anche ricatti e minacce e si chiude con il suicidio della vittima. 

Blue Whale è nato su VKontakte (Vk), un social network tipo Facebook molto popolare in Russia. Sarebbe infatti proprio russa, Rina Palenkova (16 anni), quella che viene considerata essere la prima vittima. Qualcuno, anzi un po’ tutti i giornali, hanno scritto che questa pratica folle sarebbe arrivata in Italia ma per ora (e per fortuna) non ci sono prove. Le forze dell’ordine e la Polizia postale stanno monitorando le chat degli adolescenti in cerca di segnali. Ma siamo di fronte a un nemico nuovo, che si nasconde e che usa i social per addescare le proprie vittime. 

Una risposto e un deterrente è quella di ricordare cosa c’è online a disposizione di chi ha notizie di questo fenomeno o che è in cerca d’aiuto. Esistono servizi specializzati. Per esempio si può telefonare o scrivere in chat a Telefono Azzurro. Esiste il progetto Youngle (un servizio pubblico nazionale di ascolto e counseling rivolto ad adolescenti con il supporto di psicologi). Esistono anche tool (si legga l’articolo sopra) per attivare dei filtri ai minori. E naturalmente centri di salute mentale sul territorio. Sono strumenti vecchi e nuovi per una minaccia che è purtroppo va affrontata con tutto il buon senso che serve. Senza innescare cacce alle streghe tecnologiche. 

Fonte: Il Sole24Ore, articolo di Luca Tremolada 

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